Dammene ancora un altro sorso

Violenza mentale, voglia di ottobre.
Affinità che mancano, desideri che si chiamano.
Credo alla comunicazione mentale, credo agli istinti a distanza.
Credo ai pensieri telepatici, credo ai neuroni corporei.
È il gioco del vedo e non posso, del voglio e non tocco, del dammi e non riesco.
Sono morsi mancati, attimi passati, gemiti spezzati.
Centimetri di pelle a lunga percorrenza, millimetri di spazio lontani anni.
Sguardi rivolti al cielo parlano di fuochi sottopelle, labbra socchiuse scandiscono nonsense sottovoce.
Dazi da pagare in cambio di condivisioni di emozioni.
Compromessi, quelli con cui non vorresti mai scenderci a patti.
Sono pusher di droghe alternative in cerca di affari, o più semplicemente pazzi e solitari nelle loro grigie periferie mentali.
La sete rende ciechi, ma…dammene ancora un altro sorso.

Inconsistenza

Gemiti spezzati, ci incateniamo dentro.
Ed è solo un vorrei lacci stretti sulla pelle, ma fuori sorrisi e contegno, occhi che si abbassano.
Maestra dei silenzi, ché nei silenzi ci racchiudi vite intere, labbra socchiuse, umidi solchi.
Sigarette su sigarette.
Pensieri confusi.
Ogni tanto lasci una traccia, ogni tanto un sussulto.
E i dilemmi esistenziali a ricoprire buchi, e spazi e tempi.
Semmai un giorno troverò il mio equilibrio,
semmai,
se.
È l’inconsistenza la mia seconda pelle.

Quello che teniamo fuori

Quello che teniamo fuori, al di là dei confini del corpo, al di là del tempo e degli spazi, al di là di sangue, sudore e lividi sulla pelle, quello che teniamo fuori in realtà è intrappolato in fondo al cuore.
E non bastano sguardi ammiccanti e sorrisi e inviti verbali; non bastano cenni del capo, pensieri annotati su carta, sintonie di pensiero.
Quello che teniamo fuori rimane là dentro, invisibile agli occhi.
Servirebbe una chance, un’altra ancora, o forse la prima, e poi l’ultima.
Servirebbe a renderci fieri di averci provato, servirebbe a sporcarci di nuovo, a rimescolare le impronte, che anche volendo, non potremo mai cancellare indelebilmente.
Perché le colpe rimangono come macchie di inchiostro rosso, e non basta tutta la volontà del mondo, né il tempo, per eliminarle.
Quello che lasciamo fuori è solo un vomitare ansie dopo aver troppo ingoiato vite.
Le nostre, le altre, le tue, le loro.

Che strano quando…

Che strano, quando è più semplice andare a letto piuttosto che esser felice, chissà che vuol dire…
Stai attento, rimani in guardia, perché non sono altro che un vortice infernale: attrae, coinvolge, sconvolge;
ti lascia senza forze e senza fiato.
E poi, tutto quello che rimane, solo cumuli di foglie secche, bruciate dal sole.
Ti avverto, mi stanco presto, sono istinto, intuizione, umori;
ma ho vita breve in te, giusto il tempo di saziarmi:
del tuo stomaco, dei tuoi sguardi, delle tue labbra, della tua poesia.
E poi mille morti, ad occhi chiusi e testa indietro, mani sulle mani, curva sulla schiena.
E dopo mille morti rinascere ancora, da me stessa, ma in altri lidi.
Che strano, quando è più semplice sognare di sé piuttosto che esser felice, ma io lo so che vuol dire…

Oggi sono solo un messaggio in bottiglia, consegnato dal mare a chissà chi