Notti insonni

“Ad un tratto, col vino ancora in gola, mi ero resa conto di aver bisogno del suo aiuto.
Un esempio. Mi serviva solo un esempio.
Non sono mai stata brava a chiedere aiuto né favori, ancor meno a parlare con le persone. Ma questa volta avrei dovuto farlo. Avrei dovuto chiedergli come riusciva a gestire la rabbia.
Avevo bisogno di sapere che era riuscito a disciplinarla, a renderla docile come un agnellino, a modellarla fra le mani, a toglierle le spigolosità e ad accarezzarla, curvandola sotto il suo tocco deciso.
Avevo bisogno di sapere che era riuscito a farsela amica, compagna di bevute, presenza di fondo nelle sue poetiche attività.
Avevo bisogno di immaginare che era stata la rabbia ad ispirare le sue notti insonni, fatte di matite, fogli bianchi e letti disfatti.
Avevo un morboso bisogno di conoscere come la rabbia avesse guidato le sue mani su corpi altrui, lo avesse schiacciato su di loro, lo avesse spinto fino in fondo.
Volevo sentire dalle sue labbra il racconto di come la rabbia lo accompagnasse nei suoi movimenti, rendesse ferma la sua presa ed insistente la sua bocca.
Non era curiosità, era diventato un bisogno, una necessità.
La mia nuova condizione mi spiazzava, sentivo il bisogno di certezze. Immaginavo certezze. Chiedevo certezze.
Avrei voluto che mi mostrasse come faceva.
Avevo bisogno che mi mostrasse come piegava la rabbia, sopra di me, sotto di lui.
Avevo bisogno che mi insegnasse a spalmarla quella rabbia, mista al sudore dei nostri corpi, in notti insonni, fatte di matite, fogli bianchi e letti disfatti.”